PERCORSO BOTANICO

PERCORSO BOTANICO

 Il nome di Bolotana, oggi come ieri, è legato alla sua montagna: località come “Badde Salighes”, “Mularza Noa” e “Punta Palai” sono conosciute in tutta la Sardegna. La montagna è una continua selva, la quercia e l’elce sono le specie dominanti. Vi sono pure soveri, noccioli, ciliegi selvatici, tassi, perastri, olivastri, agrifogli, sorgiaghe, frassini, pomi selvatici, salici tamarigi. Vi si potrebbero annoverare forse otto milioni di individui”. Così la descrizione dell’Angius nel 1830, un po’ diversa dalla realtà di oggi. La montagna ha, infatti, subito un considerevole impoverimento boschivo per i tagli di alberi da destinare alla costruzione di traversine ferroviarie ma soprattutto gli incendi hanno lasciato un segno di distruzione che ancora oggi si nota tra Ortachis e Palai.

Da Punta Palai, 1200 m., lo sguardo spazia per tutta la media valle del Tirso ed il grande arco dell’orizzonte va dalle cime del Goceano, ai monti dell’altopiano di Bitti, al Monte Albo, all’Ortobene, da Monte Tuili a Monte Novo S. Giovanni, a Monte Gonare, alle cime del Massiccio del Gennargentu, San Basilio di Ollolai e, quindi, l’ampia apertura verso il mare oristanese, a conchiudere con la montagna del Montiferru, per molti versi simile ed in ideale continuazione con il Marghine.

La specie più abbondante è la roverella, non mancano lecci sparsi e cespugli isolati di agrifoglio, con le foglie verdi e lucide e spinulose.

Nel periodo primaverile l’acero minore spicca per la colorazione giallastra dovuta alla sua fioritura che precede  quella  della  roverella,  mentre  nel  periodo  autunnale,  il rosso  delle  foglie  rivela, nuovamente e in modo marcato, la sua presenza ai bordi delle strade, la digitale è particolarmente abbondante ed a maggio-giugno i suoi fiori rosseggiano sul margine destro, dopo l’incrocio del tratto di strada asfaltata con quello in terra battuta che porta da Ortachis a Bolotana.

Lo specchio d’acqua circostante è circondato da alcune roverelle e giunchi; in primavera inoltrata il crescione è comune ai bordi, mentre la callitriche può coprire buona parte di esso.

Poco più all’interno le pareti verticali basaltiche delimitano un anfiteatro naturale e sul pianoro roccioni isolati si ergono tra la macchia bassa a roverella e i cespugli di ginestra corsica.

Poco più avanti sulla radura che si presenta a destra, si può avere un quadro dettagliato della flora e del suo dispiegarsi nel corso delle stagioni.

In primavera durante la fioritura è possibile osservare alcuni esemplari di rosa sera serafinii. Proseguendo ai bordi delle strade si notano scardaccione e verbasco che sono le piante erbacee più comuni.

Nel sottobosco viole e luzule sono le specie più frequenti. Alcuni alberelli di salice di Gallura indicano a Sissiri la presenza di un luogo umido.

Nelle zone umide che si origina lungo il corso d’acqua, che in breve scompare fra i massi, è possibile rinvenire le specie igrofile tipiche di questi ambienti e in particolare il rarissimo rumex soffocatus e aristolochia tirrhena due piante endemiche esclusive della Sardegna e note solamente in pochissime località.

In breve si raggiunge il vasto pianoro di Mandra Pudatta che riceve apporti idrici dalle numerose sorgenti distribuite sui versanti dei rilievi che la circondano.

Nel periodo estivo quest’area appare come un prato verde, interrotto da aggruppamenti a ginestra della Corsica, che si collocano in quelle superfici leggermente elevate o dove la rocciosità, sebbene non evidente, è pur sempre presente sotto un esile strato di terreno.

Con le prime piogge dell’autunno l’acqua che si accumula rende ben presto impraticabile il percorso.

Carici, giunchi, graminacee e trifoglio alpino costituiscono un manto feltroso su cui scorrono lentamente grandi quantità d’acqua che tracimano verso Ortachis.

Ai bordi sono presenti cespi di rosa canina, gruppi della spinosa genista salzamannii e popolazioni di gliceria plicata, un gruppo di agrifogli, salice bianco e un grosso esemplare di pioppo nero. Tra le rovine del villaggio prenuragico di Ortachis e gli anfratti delle rocce è possibile osservare la rara barbarea rupicola, scropularia trifoliata, thimus herba barona, verbascum conocarpum, crocus minimus, ornithogalum biflorum e romulea requienii.

Fra le rocce, vicino al nuraghe di Ortachis, è possibile osservare roverella, acero minore, biancospino e il raro ciavardello che in Sardegna proprio sul Marghine presenta la maggior diffusione con esemplari arborei alti anche 10-15 metri.Ma l’attenzione è attratta irresistibilmente dalla vallata sottostante verso Sos Calarighe e Mularza Noa.

La fisionomia del paesaggio vegetale è data principalmente dalla roverella che costituisce boschi più o meno puri nella zona di Sos Calarighes e verso Sa Serra, ma i popolamenti erbacei che nel periodo primaverile-estivo sono dominati dalla felce aquilina, contribuiscono a rendere più vario l’ambiente e a mettere in evidenza specie come tasso e agrifoglio.

Per apprezzare il paesaggio vegetale nella sua completezza e complessità è opportuno osservare la zona in diversi periodi dell’anno, con il mutare delle tonalità cromatiche.

Frassino e melo selvatico sono troppo rari per essere individuati con facilità.

Da Ortachis attraverso sentieri alla destra e alla sinistra del ruscello si giunge alle sorgenti di Ortachis che, nel periodo invernale e primaverile, offrono un’immagine insolita in Sardegna per la ricchezza dell’acqua che fuoriesce abbondante da ogni frattura del costone roccioso.

Esemplari di notevoli dimensioni di agrifoglio, roverelle, tassi plurisecolari, bagolari, sambuco, evonimo, ribes di Sardegna, amalgamati dai rovi coprono il corso d’acqua, in cui vive la più comune flora riparia, come crescone, il nasturzio, la scrofularia, la tossica enante, la carica pendula e la felce femmina.

Dopo aver nuovamente attraversato il ruscello portandosi sulla destra, il letto è praticamente oscurato dalla vegetazione riparia, alberi, arbusti, lianose come la vitalba e, solo quando si giunge in campo aperto, è possibile osservarlo per l’assenza di rovi.

Qui, tra gli esemplari arborei del salice di Gallura, si possono ammirare numerosi esemplari dell’arcaica osmunda regale, caratterizzata dall’aver fronde sterili e fronde fertili, che è la felce di maggior dimensioni presente in Europa, e della felce femmina.

Nel periodo estivo, spesso, l’acqua è evidente sino a questo punto, mentre d’inverno scorre abbondante occupando un vasto tratto e coprendosi in primavera di callitriche e di ranuncolo acquatico.

Per qualche decina di metri, soprattutto sulla riva destra, si fa sentire l’influenza dell’ambiente umido con la presenza di giunchi, carici, eleocaris.

Dove l’influsso dell’acqua sul terreno scompare, sulla sinistra di un sentiero la degradazione della vegetazione erbacea nonostante l’altitudine ha un aspetto di prato arido, caratterizzato dalla carlina corymbosa, dalla felce aquilina e dall’onopordon.

La zona di Mularza Noa si presenta come un mare di verde di diverse tonalità. Tutt’attorno, inseriti tra le spaccature delle rocce si osservano lecci anerosi, anche se non di grandi dimensioni, il raro ciliegio selvatico, il ciavardello, ma è dal basso che si ergono esemplari di dimensioni veramente notevoli di  tasso  e agrifoglio.  La  copertura  dello strato  erboreo  è totale  e  queste  due specie dominano su tutte le altre, con prevalenza complessiva per lo più dell’agrifoglio.

In alcuni tratti la specie dominante è il tasso, ed è possibile rinvenire in modo sporadico le specie legnose già menzionate ed altre come la rosa sempreverde, la vitalba, il sambuco, l’evonimo.

La vegetazione di ripa, nel rio che prende il nome di Urpinos, è più varia con tife, giunchi, felce femmina, rosa sempreverde, dulcamara, rovi, salice, evonimo, biancospino e sambuco.

L’uscita della forra coincide anche con la rarefazione del tasso e dell’agrifoglio ed è soprattutto la roverella a costituire boschi quasi puri. Ma sono i pascoli caratterizzati dalla carlina e dalla felce aquilina a dare l’impronta al paesaggio che, senza la presenza dell’elemento albero, diviene più povero e brullo. Attraverso sentieri, non sempre oggi facilmente percorribili, si può proseguire per il bel nuraghe di Tittirriola e da là raggiungere la strada asfaltata oppure ritornare sino a S’istrampu e svoltare sul sentiero a sinistra che, attraverso il bosco di roverella, acero minore e splendidi tassi isolati, porta ugualmente alla strada asfaltata.