LONGU SALVATORE

Posizione: MAR. CARABINIERI

Luciano Carta

Salvatore Longu, BOLOTANA. Chiesa e convento di Santa Maria. Storie di antiche mura, s. i. t. [ma Usmate Velate (Monza)], 2016.

PRESENTAZIONE

… La mia opinione è che questo libro per la nostra comunità bolotanese è importante. Nei quarant’anni in cui sono state scritte tante cose sul nostro paese nei “Quaderni bolotanesi”, il tema in esso trattato è sempre rimasto in ombra. Abbiamo ripetuto ciò che negli anni Trenta dell’Ottocento aveva scritto Vittorio Angius sulla soppressione del convento dei Mercedari nella seconda metà del Settecento, della destinazione di parte del suo patrimonio (6700 scudi) per pagare il maestro della “Scuola d Latinità”, durata fino ai primi decenni dell’Ottocento.

Qualche peregrina e interessante notizia documentata sul convento mercedario e sulla chiesa di Santa Maria aveva offerto Roberto Caprara nel volume a tutti noto I Beni Culturali della Chiesa di Bolotana pubblicato nel 2002 dall’allora parroco don Fausto Garau. Il Caprara certifica l’esistenza e l’officiatura della chiesa  nella prima metà dell’Ottocento desumendo la notizia da una Pianta del paese di Bolotana depositata presso l’Archivio di Stato di Nuoro; osserva che si deve ai Mercedari l’introduzione a Bolotana del culto di san Raimondo “che si consolidò – egli scrive – e sviluppò rapidamente, come appare chiaro dall’apparizione del nome nei Registri di Battesimo settecenteschi e come risulta oggi dall’onomastica bolotanese”; ricorda che nel Settecento era abbastanza comune l’uso di seppellire dei defunti nella chiesa e/o nel convento mercedario e a tal proposito cita la sepoltura del sacerdote Salvatorangelo Cocco (morto il 20 settembre 1767) e Salvatore Dedola, ucciso nelle campagne del nostro Comune il 18 settembre 1768. In nota, infine, egli ricorda il decreto di soppressione del convento sancita con Breve del 7 ottobre 1768 dal pontefice Clemente XIII (1758-1763), quando ormai nel convento era rimasto un solo sacerdote con due fratelli laici e ci ricorda ancora che ci furono molti oppositori nel paese alla soppressione e che ciò comportò un’inchiesta. Inoltre Caprara riporta quanto abbiamo già accennato sopra, ossia le notizie date dell’Angius contenute nella voce “Bolothana” del Dizionario del Casalis, risalente al 1834, in cui è detto, tra l’altro, che dopo oltre 60 anni dalla soppressione il convento era “quasi completamente distrutto” e rimaneva in piedi “la chiesa appellata di Santa Maria”.

Queste le notizie storiche di cui Tore Longu disponeva quando iniziò la sua ricerca. “Un capitolo tutto da scrivere – scriveva giustamente Roberto Caprara – è quello della presenza a Bolotana delle famiglie religiose regolari, Cappuccini e Mercedari dapprima, Filippini dal 1740 circa”.

Relativamente ai frati della Mercede, dunque, Tore Longu ha voluto cogliere l’invito di Caprara per cercare di colmare la lamentata lacuna di conoscenza.

Tore Longu, che è stato effettivamente legato a quel complesso di Santa Maria, e più ancora al suo paese di Bolotana, si è sforzato con grande impegno e secondo i mezzi di cui disponeva, lontano da Bolotana e dalla Sardegna, di contribuire a togliere il velo al “mistero” del convento dei padri mercedari e dell’annessa chiesa di Santa Maria. Lo ha fatto, come confessa candidamente nel suo libro, attingendo gran parte delle informazioni e dei dati storici da Internet e ricostruendo il complesso architettonico per conoscenza diretta. Secondo il mio modo di vedere, egli è riuscito nell’intento, pur riconoscendo che ancora molto resta da dire e da cercare. Ma questo è il destino di qualunque ricerca di questo genere, perché il “cantiere” della conoscenza storica è un cantiere sempre aperto e la conoscenza sempre suscettibile di essere completata e affinata.